Soranzo, Francesco
Biografia
Nacque a Venezia, figlio primogenito del patrizio veneziano Giovanni di Francesco e di Marietta di Girolamo Zane. Insieme al fratello più giovane Girolamo, Francesco ebbe il compito di continuare la prestigiosa tradizione familiare negli incarichi pubblici e nelle maggiori ambascerie, seguendo l'esempio del padre e dello zio Giacomo, entrambi procuratori di San Marco. Nel 1581 Soranzo era considerato esperto del mondo delle corti per i suoi precedenti viaggi in cui verosimilmente seguì lo zio Giacomo in qualcuna delle sue missioni, presso l'imperatore Massimiliano II nel 1570 e a Costantinopoli nel 1575, o il padre Giovanni nell'ambasceria romana del 1570–72 e nella onorifica ambasceria straordinaria per la venuta a Venezia del re di Francia Enrico III, nel 1574. Pertanto, in occasione del viaggio dal Friuli a Venezia dell'imperatrice Maria, vedova dell'imperatore Massimiliano II e madre di Rodolfo II, nel novembre 1581 Soranzo fu deputato dagli ambasciatori straordinari, fra cui suo zio Giacomo, ad affiancare la carrozza imperiale per evitare gli accalcamenti dei curiosi. Nel 1582 esordì ufficialmente nella vita pubblica con la sua prima elezione a savio agli Ordini. La sua famiglia era schierata sulle posizioni del patriziato 'vecchio': il padre e lo zio Giacomo erano convinti sostenitori dell'autorità del Consiglio dei dieci. La crisi costituzionale del 1582 e l'abolizione della Zonta del Consiglio non ridussero subito l'influenza dei Soranzo: alla fine di agosto del 1583 Francesco ricevette con altri tre patrizi l'onorevole incarico di accompagnare a Venezia il duca Anne de Joyeuse, favorito del re di Francia Enrico III, e in settembre fu eletto per la seconda volta savio agli Ordini. Ma un grave colpo al prestigio del suo casato venne inferto nel 1584 dall'accusa di rivelazione di segreti di Stato a vantaggio del granduca di Toscana e del pontefice, che indusse il Consiglio dei dieci ad agire sia contro lo zio Giacomo, arrestato e condannato alla relegazione a Capodistria, sia verso il padre Giovanni, che sfuggì all'arresto per un solo voto. Anche Francesco fu sfiorato dai sospetti, ma nessuna accusa formale fu mai mossa contro di lui. Riprese dunque la sua carriera ricoprendo la carica di capitano a Vicenza nel 1592–93. Assieme con il podestà Francesco Longo promulgò su mandato del Consiglio dei dieci la riforma del Consiglio cittadino del febbraio–aprile 1593, che modificò, ma non in maniera decisiva, le precedenti norme del 1541, favorevoli all'oligarchia consiliare. Il principale consiglio cittadino, il Consiglio dei cento, fu ampliato a 150 membri, nominati questa prima volta dal Consiglio dei dieci e poi annualmente rieletti per votazione del consiglio uscente e degli anziani delle arti: una limitata rotazione dei consiglieri fu garantita stabilendo che quindici membri del Consiglio, designati mediante sorteggio, non fossero immediatamente rieleggibili. Nel 1597 Soranzo fu eletto dal Senato ambasciatore ordinario presso il re di Spagna Filippo II, in sostituzione dell'ambasciatore in carica, Agostino Nani, coinvolto in una complessa vertenza con la corte di Madrid in merito all'extraterritorialità dell'ambasciata. Raggiunse Madrid nel 1598 dove rimase in carica anche dopo la morte del re, presso il suo successore Filippo III, che lo creò cavaliere. Durante la sua missione, segnalò al Senato il contegno ambiguo e minaccioso di Pedro Enríquez de Acevedo conte di Fuentes, appena destinato alla carica di governatore di Milano. Un segno eloquente della soddisfazione del Senato e del peso politico di Soranzo fu la sua elezione, ancora in missione, a savio di Terraferma, nel 1600. Conclusa la lunga ambasceria ma durante il viaggio di ritorno fu seriamente ferito a Barcellona in una banale rissa a opera di un certo Raffaele Zagleda. Ristabilitosi, rientrò a Venezia nell'ottobre del 1602 e nelle settimane seguenti presentò al Collegio e al Senato la celebre relazione: si tratta di un vero e proprio trattato sulla monarchia iberica, e, secondo la recente storiografia uno dei più ampi affreschi del pensiero diplomatico veneziano. La relazione descrive la stratificazione della società spagnola, dominata in tutti i ceti dal senso dell'onore e caratterizzata proprio in quegli anni da una rivincita della nobiltà di alto lignaggio, che, emarginata ai tempi di Filippo II, ritrovò posizioni di potere sotto il debole successore, senza dimostrarsi però all'altezza dei compiti di governo di una monarchia i cui interessi geopolitici abbracciavano tutti i continenti. Anche la vantata potenza militare della monarchia non era per Soranzo opera dei soli spagnoli, ma di un esercito cosmopolita, composto da tutte le nazioni d'Europa. In conclusione, Soranzo attribuì alla monarchia spagnola più 'fortuna' che 'virtù'; e la giudicò più adatta a conservare che non a espandere ulteriormente il suo impero. La religiosità stessa degli spagnoli apparve a Soranzo, soprattutto nei suoi aspetti cerimoniali, come una vuota apparenza, nel contesto di una società che aborriva ed emarginava i moriscos e i marrani, pur non potendo fare a meno della loro opera nell'agricoltura e nei commerci. Il Senato, soddisfatto dell'opera diplomatica di Soranzo, lo elesse ambasciatore presso l'imperatore Rodolfo II fin dal 13 settembre 1601. La soddisfazione del Senato per il suo operato fu attestata dall'elezione di Soranzo già prima della fine della sua missione, all'importante carica di savio di Consiglio, nel 1605. Difese nel 1606 alla corte di Praga le ragioni della Repubblica nella controversia dell'interdetto con papa Paolo V, contrastando le pretese del nunzio pontificio, che considerava i veneziani scomunicati. Soranzo scrisse il suo ultimo dispaccio da Praga il 23 luglio 1607 e rientrò a Venezia nel corso dell'estate, quando ormai la Repubblica aveva ristabilito normali rapporti diplomatici con Roma. Presentò al Senato la consueta relazione sulla sua ambasceria, che rimase però inedita. Fu riconfermato in Senato nell'agosto del 1607 e creato nuovo ambasciatore ordinario presso Paolo V, per decisione di un Senato oramai incline alla moderazione: si sapeva infatti che Soranzo era gradito alla Curia romana; ma egli non fece in tempo a raggiungere la sua nuova destinazione perchè morì tra gennaio e febbraio del 1608: il Senato fu obbligato a ritornare sulla sua decisione, trasformando in ambasceria ordinaria a Roma quella straordinaria di Francesco Contarini. Fu sepolto nella chiesa di S. Giustina, nel sestiere di Castello. Nel 1640, a ornamento della facciata disegnata da Baldassarre Longhena, i parenti commissionarono allo scultore Clemente Molli i tre busti in marmo, oggi perduti, di Soranzo, del padre Giovanni e del fratello Girolamo, sotto cui fu collocata un'iscrizione che celebrava i servizi resi alla Repubblica.