Persona

Biografia

Nacque a Salò da Giovan Battista. Il 20 maggio 1564 diede vita con altri diciotto concittadini all'Accademia degli Unanimi che aveva uno sciame d'api accompagnato dal motto "Idem ardor" come simbolo della concordia dei letterati che ne facevano parte e i loro intenti utili e virtuosi. La sua prima opera a stampa è il testo di un'orazione latina tenuta nella cattedrale di Padova nel 1579, in occasione della cooptazione da parte degli studenti dell'Università, quale rettore, del giovane nobile ragusino Dominko Zlatarič (1558–1609). Dopo gli studi a Salò e a Padova, Gallucci si stabilì a Venezia, che egli elogiò come il più vivace centro della vita intellettuale del tempo e dove trascorse il resto dei suoi anni, dedicandosi all'insegnamento privato di giovani nobili, oltre che alla composizione e alla stampa dei suoi libri. La sua attività pedagogica è testimoniata dal trattato "De formis enthymetatum" (Venetiis, P. Marinelli, 1586), seguito da due brevi opuscoli sempre dedicati all'istruzione dei giovani: il primo è intitolato "De iis in quibus Veneti pueri erudiendi sunt, ut recte suam Rempublicam administrare possint"; nel secondo opuscolo, intitolato "De usu tabularum", Gallucci insiste sull'utilità di redigere indici e tavole sinottiche degli autori da studiare, seguendo l'esempio di quanto hanno fatto Giacomo Zabarella per la logica aristotelica e Marco Oddi per Avicenna: tali tavole risultano di grande efficacia per facilitare l'apprendimento e soprattutto per fissare nella memoria in modo ordinato quanto si è appreso. Nel 1584 curò l'edizione (Venetiis, ex officina D. Zenarii) di una raccolta di opuscoli di medicina astrologica. Il testo di Johann Virdung von Hassfurt che apre il volume (De cognoscendis et medendis morbis ex corporum coelestium positione) è seguito dalla Iatromathematica attribuita a Ermete Trismegisto, da un opuscolo pseudo galenico e soprattutto da testi di Marsilio Ficino: i tre trattati De vita (De vita studiosorum tuenda, De vita longa, De vita coelitus comparanda) e quello sulla peste. Il volume si conclude con brevi opuscoli e tavole astrologiche di Gallucci. Il testo che gli conferì una fama europea, è "Theatrum mundi et temporis"; il volume è dedicato a papa Sisto V e richiamandosi al cognome del pontefice (Montalto = mons altus) l'autore auspica che egli promuova lo studio delle scienze celesti, visto che a Roma non mancano le condizioni più favorevoli, dal cielo sereno ai colli elevati e a matematici espertissimi come Clavio. A breve distanza dalla bolla Coeli et terrae (1586), nella quale venivano messe al bando l'astrologia e le altre dottrine divinatorie, Gallucci ribadisce l'importanza e la nobiltà delle scienze celesti correttamente intese e depurate da qualsiasi aspetto superstizioso. Il volume, diviso in sei parti dedicate alla descrizione del mondo celeste e terrestre, è interessante soprattutto per la ricca e singolare iconografia. Di particolare interesse sono le illustrazioni composte da ruote giranti sovrapposte, che con opportuni spostamenti consentono al lettore di reperire le posizioni astrali desiderate. Grazie a tali congegni cartacei l'autore intende offrire agli studiosi uno strumento assai più pratico e di più agevole consultazione di altri modelli della sfera celeste, come la sfera di Archimede o quella particolare stanza (cubiculum) di cui parla Ficino, sul cui soffitto a volta erano riprodotte le figure delle costellazioni celesti. L'autore invia al papa una copia speciale del volume, che egli dice decorata e abbellita con gli adeguati colori, rammaricandosi di non potere venire di persona a fargliene offerta a Roma sia per l'età ormai avanzata sia per le deboli forze. Il 21 giugno 1593 il Gallucci fu uno dei nove fondatori della seconda Accademia di Venezia, istituita con l'intento di proseguire l'attività della prima Accademia veneta o della Fama, che si era estinta con la morte del suo animatore Francesco Badoer; tale seconda accademia, protetta dal patriziato della città, ebbe quali stampatori dapprima Giovan Battista Ciotti, poi Andrea Muschio. Gallucci esercitò anche un'intensa attività di traduttore. Nei tardi anni '80 tradusse in latino "Cathechismus in symbolum fidei" del domenicano spagnolo Luis de Granada, sottolineando, nella dedica al vescovo di Brescia, Francesco Mauroceno, come la lingua latina sia il vincolo che unisce le diverse membra della Chiesa cattolica, mentre le altre lingue si mantengono entro i confini dei singoli paesi. La sua proficua attività didattica e divulgativa si esplicò soprattutto con la traduzione in volgare di testi storici e scientifici. Nel 1593 uscì la traduzione di un manuale classico dell'ottica del sec. XIII, "I tre libri della perspettiva commune di John Peckham" (Venetia, gli heredi di G. Varisco). Negli anni seguenti videro la luce la traduzione di "Historia naturale e morale delle Indie" del gesuita spagnolo José de Acosta (Venetia, B. Basa, 1596); lo "Specchio e disciplina militare" (ibid., E. Deuchino) di Francisco Valdes, "Margarita philosophica" di Gregor Reisch (ibid., G.A. Somasco, 1599), una fortunata opera enciclopedica ristampata più volte dagli inizi del secolo. Gallucci non si limitò a tradurre l'opera, ma l'aggiornò e la completò con l'aggiunta di altri trattati logici e scientifici, soprattutto di astronomia e di matematica, e anche sull'arte della memoria. Fra le sue traduzioni di particolare interesse e rilievo è quella dei quattro libri "Della simmetria de i corpi umani" di Albrecht Dürer, ai quali fu aggiunto un quinto libro volto a insegnare "con quai modi posseno pittori e scultori mostrare la diversità della natura degli uomini e donne e con quali le passioni" (ibid., D. Nicolini, 1591; R. Meietti, 1594). Nelle pagine di dedica all'arciduca Massimiliano d'Asburgo Gallucci celebra la pittura che, penetrando nelle parti più segrete del nostro animo attraverso li occhi "come per fenestre dell'animo nostro, mentre elli sta rinchiuso in questa prigione", suscita nello spettatore le più diverse passioni, facendolo "e dolersi e rallegrarsi e desiderare e temere secondo le diversità delle cose". Gallucci è consapevole della grande forza emotiva della pittura, e se le immagini dei santi padri incitano alla vita contemplativa, la visione del Giudizio universale di Michelangelo non può che indurre orrore e odio per i peccati. Nella prefazione ai lettori Gallucci sottolinea l'affinità tra pittura e poesia: essendo la prima "una poesia che tace" e l'altra "una pittura che parla", entrambe, l'una con le parole e l'altra con le immagini, si propongono di imitare le cose naturali e artificiali, ed entrambe devono conoscere a fondo le virtù e le passioni dell'animo umano. Gallucci sottolinea l'estrema diversità dell'aspetto dei singoli individui, in connessione con la varietà delle loro inclinazioni naturali. Il bravo pittore deve conoscere a fondo le diverse membra, le loro funzioni e le disposizioni naturali di ognuno. Oltre che a traduzioni di opere altrui nell'ultimo decennio del secolo il G. si dedicò alla stesura di opere proprie, privilegiando gli interessi matematico–astronomici che l'avevano appassionato fin dall'età giovanile e pubblicando una serie di testi che descrivono il modo di costruire e di utilizzare strumenti osservativi e vari tipi di orologi solari. Nel 1590 pubblicò (Venetia, G. Perchacino) due trattati: il primo, intitolato "Della fabrica et uso del novo horologio universale", è ancora dedicato a Sisto V, che gli aveva fatto sapere di apprezzare le sue opere, ed è seguito da "Della fabrica et uso di un novo stromento fatto"… per fare gli orologi solari. Nel 1593 vide la luce un volume di grande formato e con uno splendido frontespizio, "Speculum Uranicum" (ibid., D. Zenari), nella cui dedica al cardinale Francesco Mauroceno Gallucci ancora una volta tesseva l'elogio delle scienze celesti. Tre anni dopo diede alle stampe "Nova fabricandi horaria mobilia et permanentia… ratio" (ibid., G. Perchacino), preceduta da una dedica a magistrati della sua città natale, Salò, nella quale esprimeva tutta la propria gratitudine per la patria e rievocava alcuni momenti della propria vita. Emigrato da molti anni a Venezia, ritenuta patria comune e centro del sapere, non aveva più avuto modo di soggiornare nella città d'origine per insegnare quanto aveva appreso con lunghi studi e fatiche. Ma adesso che aveva raggiunto una vasta fama in Italia e presso le altre nazioni, rendendo illustre il proprio nome e quello della città natale, era orgoglioso di riportare in patria i trofei della gloria conseguita. L'anno seguente uscì un nuovo volume, in italiano, intitolato "Della fabbrica e uso di diversi stromenti di astronomia e cosmografia" (ibid., R. Meietti), nel quale l'autore passava in rassegna i diversi tipi di strumenti osservativi, sia antichi che recenti. Morì a Venezia.

Monografia (1591) Di Alberto Durero pittore e geometra chiarissimo. Della simmetria dei corpi humani. Libri quattro. Nuouamente tradotti dalla lingua latina nella italiana, da M. Gio. Paolo Gallucci salodiano. Et accresciuti del quinto libro, nel quale si tratta, con quai modi possano i pittori, & scoltori mostrare la diuersita della natura de gli huomini, & donne, & con quali le passioni, che sentono per li diuersi accidenti, che li occorrono. Hora di nuouo stampati. Opera ai pittori, e scoltori non solo utile, ma necessaria & ad ogn'altro, che di tal materia desidera acquistarsi perfetto giudicio