Monografia, Antico

Persona, Pittore, incisore, matematico e trattatista tedesco
Periodo: 1471 - 1528
Note biografiche:

È il più alto rappresentante dell'arte e della cultura del Rinascimento del Nord. Grazie ai suoi studi scientifici e ai suoi viaggi, ha messo in contatto il Nord e il Sud dell'Europa, contribuendo a rendere moderna la cultura nordica. Figlio di Albrecht Dürer il Vecchio, orefice di origine ungherese e di Barbara, figlia dell'orefice Hieronymus Holper, dopo esser stato istruito dal padre come orefice, nel 1486 fu avviato alla bottega del pittore M. Wolgemut. Nel 1494 sposò Agnese, figlia di Hans Frey; nello stesso anno si trasferì a Venezia, rimanendovi fino al 1495. Alcuni disegni e copie da disegni italiani (testa d'uomo barbuto, da un disegno perduto del Mantegna conservato presso gli Uffizi) costituiscono altrettante prove di questo primo viaggio in Italia, come pure l'ampiezza e grandiosità formale visibile nelle prime stampe dell'Apocalisse. Tuttavia in queste incisioni in legno (15 fogli), come nei sette fogli della Passione, l'autore non si lascia influenzare dall'arte italiana. a mano a mano l'impeto tragico si affievolì per cedere il posto a elementi lirici, alle gioie delle cose semplici e umili, come nella Madonna con molti animali, disegno a penna acquerellato (Albertina, Vienna), nella bellissima "Adorazione dei Magi" (1504, Uffizi) e nelle incisioni in legno della "Vita della Madonna" (1511). Fu nuovamente a Venezia (1505–06), dipingendovi ritratti di mercanti tedeschi e un capolavoro, la "Festa del Rosario" (1506, Národní Galerie, Praga), per l'altar maggiore di S. Bartolomeo. Altre opere dello stesso anno sono: il "Gesù tra i dottori" (Coll. Thyssen, Lugano, 1506) e il gran quadro della "Madonna" (Staatliche Museen, Berlino, 1506). Dopo una breve sosta a Ferrara e Bologna, Dürer tornò a Norimberga, continuando a dipingere (Adamo ed Eva, Prado, 1507; il Martirio dei 10.000, Kunsthistorisches Museum, Vienna, 1508). Poi l'artista si dedicò quasi esclusivamente all'incisione (la "Deposizione" di piccolo formato; la cosiddetta "Passione" incisa su rame; il volume della "Piccola Passione" incisa in legno). A questo periodo risalgono le relazioni con l'imperatore Massimiliano e del 1512 circa sono i tentativi di Dürer nella tecnica della punta secca ("S. Girolamo"; "Sacra Famiglia") ove raggiunse effetti che precorrono il chiaroscuro del Rembrandt. Tra il 1513 e il 1514 si hanno i suoi capolavori d'incisione in rame: "Il cavaliere, la morte e il demonio", il "S. Girolamo nello studio" e la "Malinconia", di complesso significato allegorico. Dopo la morte di Massimiliano (1519) Dürer si recò nei Paesi Bassi dove eseguì ritratti e altri disegni a carbone e gesso. Delle grandi pitture di questi ultimi tempi restano solo le cosiddette "Figure degli Apostoli" (Alte Pinakothek, Monaco, 1526) e molti ritratti dipinti o incisi, tra cui quelli dipinti di Girolamo Holzschucher (Staatliche Museen, Berlino, 1526) e di Giovanni Kleberger (1526, Vienna), e le incisioni di Federico il Savio e di Erasmo da Rotterdam (1526). Gli studî teorici di Dürer furono da lui compendiati in tre libri: "Unterweisung der Messung" (1525), "Unterrichtung zur Befestigung der Städte", "Schlösser und Flecken" (1527) e "Die vier Bücher von menschlicher Proportion" (postumi, fine 1528). Dürer ha lasciato anche un importante contributo nel campo astronomico incidendo due carte celesti, le prime a stampa (1515).


Lingua: Tedesco
Paese: Germania
Persona
Ruolo: Tipografo
Periodo: XVI sec circa - XVI sec. circa
Note biografiche: Tipografo attivo a Venezia almeno fino al 1605, figlio di Giacomo, fratello di Cornelio, nipote di Pietro, Giovanni Antonio e Giovanni Maria, suocero di Giovanni Guerigli con il quale fu in società nella gestione di una libreria all'insegna dell'Angelo Gabriele in contrada di S. Bartolomeo dal 1586 al 1602. Una edizione del 1591 sottoscritta nel colophon dalla società sembra però essere stata posta in vendita nella bottega di Guerigli, all'insegna del Salvatore. Era domiciliato in contrada S. Giuliano. Nel 1585 aveva una libreria all'insegna della Vittoria, lavorò da solo, con il fratello Cornelio e con Giovanni Guerigli. Fu anche in società con Andrea Muschio, gli eredi di Francesco Rampazetto e Altobello Salicato per stampare testi giuridici. I Nicolini sono comunemente conosciuti come i Da Sabbio. Gli stampatori generalmente non furono semplici artigiani specializzati nell'uso del torchio da stampa, ma furono impresari del sapere con radicate relazioni culturali, partecipando a pieno titolo alla comunità della cultura dei secoli XVI e XVII, certo da un versante specifico dove le abilità tecniche e le intuizioni commerciali erano requisiti fondamentali per poter ottenere successo e per potersi muovere con facilità e duttilità nell'arte dello stampare libri. I legami stretti di parentela e di conoscenza tra persone provenienti dallo stesso paese, o dalla stessa valle, hanno consolidato vincoli forti e, specialmente nella cosmopolita Venezia del XVI secolo, sono stati la base per un colloquio più vasto e fecondo fra pensatori, operatori della parola e stampatori, cioè i divulgatori del sapere attraverso il mezzo di stampa. Il periodo di maggiore attività dei Nicolini da Sabbio si colloca tra gli anni trenta e la fine del XVI secolo, in anni segnati in maniera indelebile da una parte dal Concilio di Trento (1545–63) – nodo cruciale per la riforma cattolica – dall'altra dalla definitiva affermazione della “rivoluzione Gutenberg”, concretizzatasi in uno straordinario sviluppo dell'arte tipografica e dell'editoria.
Lingua: Italiano
Paese: Italia
Persona, Maestro dell'Ordine Teutonico re eletto di Polonia
Ruolo: Dedicatario
Periodo: 1558 - 1618
Note biografiche: Figlio dell'imperatore Massimiliano II, alla morte di Stefano Báthory, pose la sua candidatura al trono polacco insieme allo zio Ferdinando del Tirolo e ai fratelli Ernesto e Mattia. Nell'agosto 1587 fu eletto re da una parte della dieta polacca, mentre altri elettori diedero i loro suffragi a Sigismondo Vasa. Massimiliano, penetrato in Polonia con un esercito, fu fatto prigioniero da Sigismondo (gennaio 1588) e posto in libertà solo dopo aver rinunciato a ogni pretesa sulla corona (marzo 1589). Dopo la morte dell'arciduca Ferdinando del Tirolo, fu affidata a M., nel 1602, in nome dell'imperatore e della casata degli Asburgo, l'amministrazione dei dominî dello zio, che conservò fino alla morte.
Persona, Astronomo
Ruolo: Traduttore
Periodo: 1538 - 1621
Note biografiche: Nacque a Salò da Giovan Battista. Il 20 maggio 1564 diede vita con altri diciotto concittadini all'Accademia degli Unanimi che aveva uno sciame d'api accompagnato dal motto "Idem ardor" come simbolo della concordia dei letterati che ne facevano parte e i loro intenti utili e virtuosi. La sua prima opera a stampa è il testo di un'orazione latina tenuta nella cattedrale di Padova nel 1579, in occasione della cooptazione da parte degli studenti dell'Università, quale rettore, del giovane nobile ragusino Dominko Zlatarič (1558–1609). Dopo gli studi a Salò e a Padova, Gallucci si stabilì a Venezia, che egli elogiò come il più vivace centro della vita intellettuale del tempo e dove trascorse il resto dei suoi anni, dedicandosi all'insegnamento privato di giovani nobili, oltre che alla composizione e alla stampa dei suoi libri. La sua attività pedagogica è testimoniata dal trattato "De formis enthymetatum" (Venetiis, P. Marinelli, 1586), seguito da due brevi opuscoli sempre dedicati all'istruzione dei giovani: il primo è intitolato "De iis in quibus Veneti pueri erudiendi sunt, ut recte suam Rempublicam administrare possint"; nel secondo opuscolo, intitolato "De usu tabularum", Gallucci insiste sull'utilità di redigere indici e tavole sinottiche degli autori da studiare, seguendo l'esempio di quanto hanno fatto Giacomo Zabarella per la logica aristotelica e Marco Oddi per Avicenna: tali tavole risultano di grande efficacia per facilitare l'apprendimento e soprattutto per fissare nella memoria in modo ordinato quanto si è appreso. Nel 1584 curò l'edizione (Venetiis, ex officina D. Zenarii) di una raccolta di opuscoli di medicina astrologica. Il testo di Johann Virdung von Hassfurt che apre il volume (De cognoscendis et medendis morbis ex corporum coelestium positione) è seguito dalla Iatromathematica attribuita a Ermete Trismegisto, da un opuscolo pseudo galenico e soprattutto da testi di Marsilio Ficino: i tre trattati De vita (De vita studiosorum tuenda, De vita longa, De vita coelitus comparanda) e quello sulla peste. Il volume si conclude con brevi opuscoli e tavole astrologiche di Gallucci. Il testo che gli conferì una fama europea, è "Theatrum mundi et temporis"; il volume è dedicato a papa Sisto V e richiamandosi al cognome del pontefice (Montalto = mons altus) l'autore auspica che egli promuova lo studio delle scienze celesti, visto che a Roma non mancano le condizioni più favorevoli, dal cielo sereno ai colli elevati e a matematici espertissimi come Clavio. A breve distanza dalla bolla Coeli et terrae (1586), nella quale venivano messe al bando l'astrologia e le altre dottrine divinatorie, Gallucci ribadisce l'importanza e la nobiltà delle scienze celesti correttamente intese e depurate da qualsiasi aspetto superstizioso. Il volume, diviso in sei parti dedicate alla descrizione del mondo celeste e terrestre, è interessante soprattutto per la ricca e singolare iconografia. Di particolare interesse sono le illustrazioni composte da ruote giranti sovrapposte, che con opportuni spostamenti consentono al lettore di reperire le posizioni astrali desiderate. Grazie a tali congegni cartacei l'autore intende offrire agli studiosi uno strumento assai più pratico e di più agevole consultazione di altri modelli della sfera celeste, come la sfera di Archimede o quella particolare stanza (cubiculum) di cui parla Ficino, sul cui soffitto a volta erano riprodotte le figure delle costellazioni celesti. L'autore invia al papa una copia speciale del volume, che egli dice decorata e abbellita con gli adeguati colori, rammaricandosi di non potere venire di persona a fargliene offerta a Roma sia per l'età ormai avanzata sia per le deboli forze. Il 21 giugno 1593 il Gallucci fu uno dei nove fondatori della seconda Accademia di Venezia, istituita con l'intento di proseguire l'attività della prima Accademia veneta o della Fama, che si era estinta con la morte del suo animatore Francesco Badoer; tale seconda accademia, protetta dal patriziato della città, ebbe quali stampatori dapprima Giovan Battista Ciotti, poi Andrea Muschio. Gallucci esercitò anche un'intensa attività di traduttore. Nei tardi anni '80 tradusse in latino "Cathechismus in symbolum fidei" del domenicano spagnolo Luis de Granada, sottolineando, nella dedica al vescovo di Brescia, Francesco Mauroceno, come la lingua latina sia il vincolo che unisce le diverse membra della Chiesa cattolica, mentre le altre lingue si mantengono entro i confini dei singoli paesi. La sua proficua attività didattica e divulgativa si esplicò soprattutto con la traduzione in volgare di testi storici e scientifici. Nel 1593 uscì la traduzione di un manuale classico dell'ottica del sec. XIII, "I tre libri della perspettiva commune di John Peckham" (Venetia, gli heredi di G. Varisco). Negli anni seguenti videro la luce la traduzione di "Historia naturale e morale delle Indie" del gesuita spagnolo José de Acosta (Venetia, B. Basa, 1596); lo "Specchio e disciplina militare" (ibid., E. Deuchino) di Francisco Valdes, "Margarita philosophica" di Gregor Reisch (ibid., G.A. Somasco, 1599), una fortunata opera enciclopedica ristampata più volte dagli inizi del secolo. Gallucci non si limitò a tradurre l'opera, ma l'aggiornò e la completò con l'aggiunta di altri trattati logici e scientifici, soprattutto di astronomia e di matematica, e anche sull'arte della memoria. Fra le sue traduzioni di particolare interesse e rilievo è quella dei quattro libri "Della simmetria de i corpi umani" di Albrecht Dürer, ai quali fu aggiunto un quinto libro volto a insegnare "con quai modi posseno pittori e scultori mostrare la diversità della natura degli uomini e donne e con quali le passioni" (ibid., D. Nicolini, 1591; R. Meietti, 1594). Nelle pagine di dedica all'arciduca Massimiliano d'Asburgo Gallucci celebra la pittura che, penetrando nelle parti più segrete del nostro animo attraverso li occhi "come per fenestre dell'animo nostro, mentre elli sta rinchiuso in questa prigione", suscita nello spettatore le più diverse passioni, facendolo "e dolersi e rallegrarsi e desiderare e temere secondo le diversità delle cose". Gallucci è consapevole della grande forza emotiva della pittura, e se le immagini dei santi padri incitano alla vita contemplativa, la visione del Giudizio universale di Michelangelo non può che indurre orrore e odio per i peccati. Nella prefazione ai lettori Gallucci sottolinea l'affinità tra pittura e poesia: essendo la prima "una poesia che tace" e l'altra "una pittura che parla", entrambe, l'una con le parole e l'altra con le immagini, si propongono di imitare le cose naturali e artificiali, ed entrambe devono conoscere a fondo le virtù e le passioni dell'animo umano. Gallucci sottolinea l'estrema diversità dell'aspetto dei singoli individui, in connessione con la varietà delle loro inclinazioni naturali. Il bravo pittore deve conoscere a fondo le diverse membra, le loro funzioni e le disposizioni naturali di ognuno. Oltre che a traduzioni di opere altrui nell'ultimo decennio del secolo il G. si dedicò alla stesura di opere proprie, privilegiando gli interessi matematico–astronomici che l'avevano appassionato fin dall'età giovanile e pubblicando una serie di testi che descrivono il modo di costruire e di utilizzare strumenti osservativi e vari tipi di orologi solari. Nel 1590 pubblicò (Venetia, G. Perchacino) due trattati: il primo, intitolato "Della fabrica et uso del novo horologio universale", è ancora dedicato a Sisto V, che gli aveva fatto sapere di apprezzare le sue opere, ed è seguito da "Della fabrica et uso di un novo stromento fatto"… per fare gli orologi solari. Nel 1593 vide la luce un volume di grande formato e con uno splendido frontespizio, "Speculum Uranicum" (ibid., D. Zenari), nella cui dedica al cardinale Francesco Mauroceno Gallucci ancora una volta tesseva l'elogio delle scienze celesti. Tre anni dopo diede alle stampe "Nova fabricandi horaria mobilia et permanentia… ratio" (ibid., G. Perchacino), preceduta da una dedica a magistrati della sua città natale, Salò, nella quale esprimeva tutta la propria gratitudine per la patria e rievocava alcuni momenti della propria vita. Emigrato da molti anni a Venezia, ritenuta patria comune e centro del sapere, non aveva più avuto modo di soggiornare nella città d'origine per insegnare quanto aveva appreso con lunghi studi e fatiche. Ma adesso che aveva raggiunto una vasta fama in Italia e presso le altre nazioni, rendendo illustre il proprio nome e quello della città natale, era orgoglioso di riportare in patria i trofei della gloria conseguita. L'anno seguente uscì un nuovo volume, in italiano, intitolato "Della fabbrica e uso di diversi stromenti di astronomia e cosmografia" (ibid., R. Meietti), nel quale l'autore passava in rassegna i diversi tipi di strumenti osservativi, sia antichi che recenti. Morì a Venezia.
Lingua: Italiano
Paese: Italia
Persona
Ruolo: Dedicatore
Periodo: XVI sec circa - XVI sec circa
Note biografiche: I Dandolo sono una famiglia patrizia di Venezia che giocò un ruolo importante nella storia della Repubblica di Venezia alla quale diede quattro dogi. Le cronache fanno risalire la famiglia ad antichissime origini altinati, ad un ramo della romana gens Ursia, a cui erano collegati Orso e Teodato Ipato, rispettivamente il terzo e il quarto doge della Venezia Marittima, così come l'altra grande famiglia ducale degli Orseoli, regnanti tra la seconda metà del X secolo e la prima metà dell'XI secolo. Attestati nel novero delle famiglie patrizie originarie, si insediarono dapprima a Torcello e quindi a Rialto, nella zona dell'insula di San Luca. Il costante interesse dei Dandolo, oltre che per le attività mercantili con l'impero Bizantino, per l'attività politica, li portò a sedere frequentemente nei consigli ducali, acquisendo sempre maggiore influenza
Lingua: Italiano
Paese: Italia

Contenuto in

Questo libro si compone di centinaia di illustrazioni xilografiche che rappresentano le proporzioni del corpo umano a seconda dell'età, del sesso e dello sviluppo personale. Nei primi tre libri Dürer discute i metodi per misurare e rappresentare le proporzioni umane. Il terzo libro si conclude con un brano sul rapporto dell'arte con Dio mentre il quarto libro si focalizza sulla rappresentazione del movimento e delle posizioni piegate. L'opera è una pietra miliare nella storia della rappresentazione umana che pone l'interrogativo su quale tipo di prospettiva sia la migliore per raffigurare un corpo umano.

Vittoria (donna alata tiene nelle mani una corona d'alloro e un ramo di palma). In cornice figurata

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