Giolito de' Ferrari, Gabriele
Biografia
Nato intorno al primo decennio del XVI secolo a Trino nel Vercellese (la data del 1508 non è precisa), si trasferì a Venezia nel 1523 dove il padre Giovanni gli affidò la gestione dell'officina tipografica. Conservò la marca, la fenice che risorge dalle fiamme, con la sola sostituzione delle proprie iniziali a quelle del padre, ma in italiano ("G. G. F."), e alternando vari motti: "De la mia morte eterna vita io vivo", "Semper eadem", "Vivo morte recepta". La dote che gli portò la moglie Lucrezia Bin fu utilizzata per potenziare la tipografia, provvedendola di caratteri nuovi, fregi e iniziali figurate; l'officina divenne in questo modo una delle più provviste di Venezia e una delle più apprezzate per novità e distinzione. La sua bottega a Venezia, la cosiddetta Libreria della Fenice, era anche luogo d'incontro per uomini di lettere. Aveva botteghe succursali a Napoli, a Bologna e a Ferrara. Manteneva inoltre intensi rapporti commerciali e corrispondenza con librai italiani e stranieri. Donava regolarmente esemplari con belle legature, tagli dorati e fogli in carta turchina ai grandi del suo tempo e ne era ricambiato. Da Carlo V ricevette un'opera d'arte raffigurante la fenice, oltre a un privilegio attestante antica nobiltà, confermatogli da Massimiliano II. Il Senato veneto gli conferì la cittadinanza. Ottenne anche delle cariche politiche notevoli. Giolito godette della lode indiscussa dei contemporanei: per esempio Torquato Tasso, in una lettera a Scipione Gonzaga del 15 ottobre 1584, gli conferisce, insieme con Aldo Manuzio, il primato fra i tipografi. Con le sue lettere parlanti diede inizio a una vera e propria voga tipografica tanto che vi trassero ispirazione incisori e stampatori per tutto il secolo, pur trattando anche altri argomenti, dalla religione agli aspetti della vita quotidiana, alla caccia, agli animali