Monografia, Antico

Persona, Enciclopedista e medico romano
Periodo: (25 a.C. circa–45 d.C. circa)
Note biografiche: Vissuto probabilmente nel settantennio comprendente l'impero di Augusto e di Tiberio, secondo Plinio non fu medico di professione, ma sperimentatore di tecniche e operazioni in ambito medico e chirurgico. Seguì probabilmente, nell'età giovanile, la scuola dei Sestii, che predicava l'astensione dalla vita pubblica e dalla politica. Profondo conoscitore di Ippocrate ebbe sicuramente contatti con la medicina alessandrina e con alcuni medici greci trasferiti a Roma; in particolare, egli stesso riporta la sua grande stima per il grande chirurgo romano Megete e per l'oculista Evilpiade. Contraddittorio il suo rapporto con Asclepiade e il suo allievo Temisone, medici di origine greca, propugnatori di nuove idee su una medicina estranea a quella ippocratica, basata soprattutto sulla dietetica e su pratiche poco ortodosse di dubbia efficacia. Opera principale di Celso, il De artibus è un insieme di trattati riguardanti l'agricoltura, la zooiatria, la giurisprudenza, l'arte militare, la filosofia, la storia e la medicina. Di tutta questa enciclopedia, è giunto a noi solamente il trattato sulla medicina, che contiene tutte le conoscenze greche e romane dei suoi tempi. Nel periodo in cui Celso compose questo manuale enciclopedico la letteratura scientifica romana era ancora agli inizi: prima di Celso, soltanto Vitruvio si inserisce nel filone scientifico. Celso trattò di discipline pratiche assieme a discipline teoriche, ponendosi l'obiettivo di riunire tutto lo scibile in un'unica raccolta. Il De Medicina è considerato il primo trattato completo di medicina in latino. Dopo un proemio sulla mitologia e la storia della medicina romana, Celso tratta in otto libri di diverse aree di interesse, dividendo la scienza medica in tre filoni principali: dietetica, farmacologia e chirurgia. Espone le sue conoscenze di semeiotica e igiene (libro I), dietetica (libro II), medicina interna (libri III e IV), farmacologia (libri V e VI) e chirurgia (libri VII e VIII). Nel testo compaiono numerosi esempi di sintomi, terapie e casi clinici che, sebbene non dimostrino una sua sicura appartenenza alla professione medica, sono prova della sua conoscenza profonda dei testi greci e della sua frequentazione dei valetudinaria. Utilizza un latino elegante e semplice, lodato anche da Quintiliano. Questa sua caratteristica, unita alla possibilità di apprendere in latino un'arte che tradizionalmente era tramandata in greco, provocò una grande diffusione della sua opera. Rimasto pressoché ignoto durante il Medioevo, il De Medicina fu riscoperto tra il 1425 e il 1427 e pubblicato a stampa per la prima volta nel 1478
Persona, Erudito romano
Periodo: (III sec.)
Note biografiche: Quinto Sammonico Sereno è stato tutore di Geta e Caracalla. Restano citazioni frammentarie della sua opera più citata, "Res reconditae", di almeno cinque libri, oltre a un poema didattico sulla medicina, il Liber Medicinalis (diversamente conosciuto come De medicina praecepta saluberrima), probabilmente incompleto nella forma a noi pervenuta. Nei suoi 1107 esametri, contiene un numero di rimedi popolari, presi in prestito da Plinio e Dioscoride, e varie formule magiche, tra cui la famosa Abracadabra, per la cura della febbre, compresa quella malarica. Fu un'opera molto in uso durante il Medioevo e di valore per la storia antica della medicina popolare. La prima edizione data alle stampe dei De medicina praecepta venne curata da Giovanni Sulpizio da Veroli, prima del 1484
Persona, Filologo
Ruolo: Curatore
Periodo: (1478–1553)
Note biografiche: Giovanni Battista Cipelli, meglio noto con il nome accademico di Egnazio fu umanista, filologo, poeta, professore di eloquenza, membro dell'Accademia Aldina e curatore di testi per lo stampatore Aldo Manuzio. Aveva umili origini e si indirizzò verso lo stato ecclesiastico sin dalla giovinezza tanto da essere nominato sacerdote prima del 1502. Studiò lettere a Venezia, sua città natale, sotto la guida di Benedetto Brugnoli e filosofia con Vincenzo Bragadin. Spronato dai suoi maestri ad appena diciott'anni allestì nella sua casa una scuola privata che ebbe subito grande successo. Durante le sue lezioni leggeva i testi già stampati dei principali autori latini e li confrontava con i codici antichi. Nel frattempo la sua carriera ecclesiastica proseguiva e le sue abilità oratorie furono apprezzate e riconosciute al governo della Repubblica tanto che fu incaricato di recitare discorsi pubblici in più occasioni, in particolare elogi funebri per personaggi importanti del mondo della politica e della cultura. La sua crescente notorietà lo portò ad assumere importanti cariche: nel 1510 il doge Loredan lo nominò priore dello Spedale di San Marco e nel 1515 il Senato lo mise al seguito dei quattro diplomatici che si recarono a Milano presso Francesco I di Francia che aveva appena sconfitto Massimiliano Sforza. Nel 1520 alla morte di Raffaele Regio, maestro di umanità presso la Scuola di San Marco per cancellieri fu designato suo successore. Da questo momento il letterato poté godere di una notevole agiatezza economica.
Persona, Cardinale
Ruolo: Dedicatario
Periodo: (1505–1563)
Note biografiche: Fu nominato cardinale della Chiesa cattolica da papa Clemente VII. Sesto figlio di otto del marchese Francesco II Gonzaga e di sua moglie Isabella d'Este, fu indirizzato alla carriera ecclesiastica dalla madre e già nel 1520 ebbe l'incarico di coadiutore della diocesi di Mantova, cedutagli dallo zio cardinale Sigismondo Gonzaga. Intraprese i propri studi presso l'Università di Bologna nel 1521 ove apprese filosofia e letteratura con Pietro Pomponazzi. Durante questo suo soggiorno bolognese, condusse vita essenzialmente laica ed ebbe anche cinque figli naturali. Eletto vescovo di Mantova nel 1521, venne costituito dapprima amministratore sino al raggiungimento dell'età canonica dei 27 anni propria per i vescovi effettivi, pur non ricevendo poi la consacrazione episcopale sino al 1561 e mantenendo il governo su questa sede sino alla propria morte. I disastri della Lega di Cognac imposero a papa Clemente VII la necessità di raccogliere denaro per l'adeguata difesa di Roma in caso di invasione e pertanto il 3 maggio 1527 il papa offrì in vendita cinque cappelli cardinalizi, ciascuno dei quali al prezzo di 40 ducati d'oro. Isabella d'Este, che all'epoca si trovava a Roma, decise di acquistare uno di questi titoli per il figlio ed il contratto venne siglato a Palazzo Colonna. La cerimonia ufficiale di investitura per Ercole ebbe luogo nel Castello di Governolo. Dopo la stipula del contratto, il 5 maggio 1527, Clemente VII concesse ad Ercole la diaconia di Santa Maria Nuova. In campo ecclesiastico ricevette numerosi incarichi anche in Spagna. Necessitandogli la qualifica di vescovo per poter partecipare alle sessioni del concilio, l'8 giugno 1561 ricevette la consacrazione episcopale nella cattedrale di San Vigilio a Trento per mano del cardinale Girolamo Seripando, arcivescovo di Salerno, assistito da Giovanni Tommaso San Felice, vescovo di Cava, e da Angelo Massarelli, vescovo di Telese. Il cardinale Ercole Gonzaga morì a Trento, dove stava presiedendo il concilio, nella notte del 2 marzo 1563 all'età di 57 anni e fu sepolto nella Cattedrale di San Pietro a Mantova, accanto al fratello Ferrante. La causa della sua morte fu una febbre contratta proprio in città che lo trascinò alla morte, assistito spiritualmente dal gesuita padre Diego Laínez, secondo superiore generale della Compagnia di Gesù. Secondo il suo testamento, il cardinale Ercole lasciò un legato di 30.000 scudi al Monte di Pietà per un contributo annuo di 300 scudi alla scuola dei gesuiti da istituirsi a Mantova. Fu un buon politico e un generoso protettore di artisti e letterati. Si distinse per essere stato collezionista di preziosi arazzi e di libri antichi.
Lingua: Italiano
Paese: Italia
Persona, Tipografo
Ruolo: Tipografo
Periodo: 1451 - 1529
Note biografiche: Nacque ad Asola e morì a Venezia. Fu allievo di Nicolas Jenson. Da una supplica per ottenere un privilegio di stampa, del 1499, si apprende che Torresano stampava a Venezia già da 25 anni; ma la prima opera che reca il suo nome è il "Breviario" del 1479. All'inizio della sua attività fu anche associato con Pietro da Cremona e con Bartolomeo de Blavis di Alessandria. Pubblicò le opere di Virgilio, di Terenzio (1480) e di Aristotele (1483), i "Rerum Venetarum" libri di M. A. Sabellico (1487) e la prima edizione delle opere di Platone tradotta da M. Ficino (1491). Nel 1508 si associò con Aldo Manuzio, che era divenuto suo genero nel 1499: nelle "Epistole di Plinio" (1508) compare per la prima volta la sottoscrizione famosa "in aedibus Aldi et Andreae Asulani soceri", che Torresano conservò anche dopo la morte di Aldo (1515). La produzione successiva restò fedele all'indirizzo umanistico originario, che era uscito rafforzato dall'associazione con Aldo. I suoi figli, Giovan Francesco e Federico, ripresero l'attività tipografica nel 1533 e si sottoscrissero "haeredes Aldi Manutii Romani et Andreae Asulani soceri"
Lingua: Italiano
Paese: Italia

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Primo trattato completo di medicina in latino, l'opera, che segue rigorosamente le norme già dettate da Ippocrate e costantemente seguite dai suoi discepoli, contiene descrizioni dettagliate dei sintomi e delle diverse varietà di febbre, con i segni cardinali dell'infiammazione noti come "tetrade di infiammazione di Celso": calor (calore), dolor (dolore), tumor (gonfiore) e rubor (rossore e iperemia). Dopo un proemio in cui si tratta della medicina vista dalla guerra di Troia fino ad Asclepiade di Samo (310 a.c.–...) e si discute sul metodo di cura della medicina romana, nonchè delle sperimentazioni su uomini ed animali, Celso tratta in otto libri la scienza medica suddividendola in: dietetica, farmacologia e chirurgia: Libro I – tratta di semeiotica e igiene, con una serie di norme per mantenere la salute, Libro II – di dietetica, e segni o sintomi, secondo Ippocrate, Libro III – di medicina interna, trattando delle malattie di tutto il corpo, Libro IV – delle malattie delle singole parti del corpo, Libro V – dei medicamenti e dei farmaci, Libro VI – dei vizî delle singole parti del corpo, Libro VII – della chirurgia in genere, Libro VIII – della chirurgia delle ossa Egli riporta numerosi esempi di sintomi, terapie e casi clinici che dimostrano almeno la sua conoscenza profonda dei testi greci e della sua frequentazione dei valetudinaria, gli ospedali in epoca romana, di cui alcuni dotati di strutture termali interne con latrine. Si è creduto che nella sua opera avesse in parte tradotto e in parte riassunto gli scritti del grande medico Asclepiade, contemporaneo di Pompeo Magno; ma sembra si sia valso invece dell'opera di un discepolo di Asclepiade, probabilmente di Tito Aufidio Siculo, buon medico e ottimo scrittore. Celso utilizza un latino elegante e semplice, per cui venne chiamato anche il Cicerone della medicina, lodato anche da Quintiliano (35–96). Ciò permise di divulgare in latino ciò era stato tramandato solo in greco, tanto da diventare la maggiore autorità di didattica medica romana fino all'arrivo di Claudio Galeno (129–201). Rimasto ignoto nel Medioevo, il "De Medicina" fu riscoperto tra il 1425 e il 1427 e pubblicato a stampa per la prima volta nel 1478. Con la caduta dell'impero romano decadde anche la medicina romana, il Medioevo portò le sue grandi epidemie e pestilenze con centinaia di migliaia di vittime. Con il sorgere del Cristianesimo, il culto di Esculapio–salvatore, venne sostituito dal Cristo, medico dell'anima e del corpo. La medicina religioso–cristiana combatte le formule magiche e promuove le preghiere, l'imposizione delle mani e le unzioni con olio santo e studi e ricerche scientifiche vengono considerati inutili

Ancora con delfino e la scritta: Aldus

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