Monografia, Antico

Persona, Matematico, astronomo e geografo di Alessandria d'Egitto
Periodo: (sec. IV)
Note biografiche: Uno dei più importanti matematici grechi antichi del periodo tardo imperiale. Della sua vita si conosce ben poco e anche le date della sua nascita e della sua morte sono assai incerte, (290 circa – 350 circa). Sembra accertata solo la data del 320, anno intorno al quale egli ha scritto un commento all'"Almagesto" di Claudio Tolomeo, dal che si deduce, inoltre, che fosse un insegnante. In più, lo storico Suda lo colloca esplicitamente in questo secolo, dicendo che fu contemporaneo dell'imperatore Teodosio. Le sue opere sono in gran parte andate perdute; l'unica pervenutaci è quella intitolata Synagoge, nota anche come Collectiones mathematicae, un compendio di matematica che consisteva di otto volumi, dei quali, però, il primo e parti del secondo sono perdute. L'opera copre un ampio ventaglio di argomenti, tra i quali geometria, matematica ricreativa, duplicazione del cubo, poligoni e poliedri. Vissuto in un periodo di decadenza degli studi geometrici, Pappo è stato sicuramente il maggior cultore della geometria dei suoi tempiË� il teorema dell'esagono a lui attribuito viene posto come fondamento della moderna geometria proiettiva. Pappo di Alessandria scoprì che l'esagono regolare presenta un rapporto area–perimetro maggiore rispetto ad altri poligoni regolari Egli, in effetti, osservò, studiando i favi delle api, come l'esagono regolare, rispetto ad altre possibili pavimentazioni del piano con poligoni regolari, presenta un rapporto area–perimetro massimo per ogni cella. Inoltre, in geometria si hanno altri teoremi attribuiti a Pappo, di cui alcuni sono noti con il nome generico di teorema di Pappo. Tra di essi il Teorema del centroide di Pappo, la Catena di Pappo, il Teorema armonico di Pappo, il Teorema dell'esagono di Pappo, il cosiddetto Teorema di Pappo – Pascal e i Teoremi di Pappo–Guldino. Suda elenca altri suoi scritti, perduti: Χωρογραφία οá¼°κουμενική (Chorographia oikoumenike, ossia Descrizione del mondo abitato), un commentario al Tetrabiblos di Tolomeo, Ποταμοὺς τοὺς á¼ï¿½ν Λιβύá¿ï¿½ (Sui fiumi in Libia) e á½ï¿½νειροκριτικά (Interpretazione dei sogni). Pappo stesso menziona una sua trattazione sull' á¼ï¿½νάλημμα (Analemma) di Diodoro di Alessandria e abbiamo, di lui, anche parti di commentari ad Euclide in Proclo e negli scoliasti, e commenti agli á¼ï¿½ρμονικά (Harmonika) di Tolomeo.
Lingua: Latino
Paese: Grecia
Persona
Ruolo: Traduttore
Periodo: (1509–1575)
Note biografiche: Nel 1482 gli "Elementi di Euclide" uscirono per la prima volta a Venezia dalla stamperia di Erhardus Ratdolt. Niccolò Fontana di Brescia, più noto col nome di Niccolò Tartaglia, tradusse “per comune commodo et utilità di latino in volgar” gli "Elementi di Euclide" pubblicandoli la prima volta nel 1543 a Venezia. Thomas Gechauff, più noto come Thomas Venatorius, pubblicò a Basilea nel 1544 l'opera omnia di Archimede in greco. In Italia Federico Commandino, matematico ed umanista italiano, uno dei maggiori traduttori delle opere dei grandi matematici dell'antichità, pubblicò traduzioni di numerose opere di matematici greci dell'antichità raggiungendo una chiarissima fama. Nato a Urbino, studiò medicina a Padova e a Ferrara, dove ottenne la laurea. Divenne medico personale del cardinale Ranuccio Farnese, cognato del duca di Urbino Guidobaldo della Rovere, ottenendo la sua protezione; durante la sua vita però fu attratto soprattutto dagli studi di matematica e dedicò la sua opera intellettuale alla edizione di testi antichi, traducendoli da manoscritti che, pervenuti attraverso il lunghissimo guado medioevale, erano talora in pessime condizioni. Suo padre Giovan Battista era stato l'architetto militare che, su incarico di Francesco Maria I della Rovere, aveva rafforzato le mura di Urbino per adeguarle a resistere alle crescenti artiglierie; suo nonno era stato segretario del principe Federico da Montefeltro che, oltre all'arte della guerra, aveva coltivato quelle liberali, proteggendo artisti e letterati ed aveva creato una biblioteca considerata una delle più illustri. Il grande merito di Federico Commandino per la storia della matematica è stata la sua vasta attività di traduttore in latino delle opere dei matematici dell'epoca greco–ellenistica. Si deve a lui una nuova traduzione di alcune opere di Archimede (1558, Archimedis Opera nonnulla), tra cui il "Trattato dei corpi galleggianti". Tradusse inoltre l'opera di Aristarco da Samo (Su le grandezze e le distanze del Sole e della Luna), la "Collezione matematica di Pappo di Alessandria" (pubblicata postuma, nel 1588), Euclide (tradotto anche in italiano), i primi quattro libri delle "Coniche di Apollonio", pubblicati nel 1566 insieme con il "De sectione cylindri" di Sereno di Antinoe e i commenti di Eutocio. Tradusse anche alcuni scritti di Tolomeo e di Erone di Alessandria. Curò, insieme a John Dee, la prima edizione a stampa del "De superficierum divisionibus liber" del matematico iracheno Muhammad al–Baghdadi. Nel 1562 pubblicò un testo sugli orologi solari Horologiorum descriptio e nel 1565 il Liber de centro gravitatis solidorum, che uscì insieme al suo rifacimento della traduzione latina di Guglielmo di Moerbeke dei Galleggianti di Archimede: in essa Commandino cercava di fornire una dimostrazione della determinazione del centro di gravità del paraboloide di rotazione, risultato citato da Archimede (ma senza dimostrazione) nel secondo libro dei Galleggianti. Fondò a Urbino una scuola matematica; suoi allievi furono Guidobaldo del Monte che nel 1588 pubblicò le "Matematicae Collectiones" di Pappo con i commentari del Commandino e Bernardino Baldi. Edizioni delle sue opere sono continuate nei secoli successivi curate in vari paesi da diversi autori. Commandino fu inoltre in corrispondenza con Francesco Maurolico di Messina, uno dei matematici più creativi del suo tempo. Oggi si ritiene che la sua opera di traduttore ed editore fu della massima importanza per la rinascita della matematica in Europa nel XVI secolo, per la possibilità per gli studiosi di accedere alle opere rimaste dei grandi matematici della cultura greco–ellenistica.
Persona, Editore
Ruolo: Tipografo
Periodo: (sec. XVI)
Note biografiche: Nacque a Siena, probabilmente intorno al 1530, figlio di Giacomo e fratello di Girolamo e Sebastiano. Libraio ed editore fu attivo come tipografo a Venezia dall'inizio del 1560 alla fine del secolo, e come editore a Bergamo, Bologna, Ferrara, Pavia, Verona e, forse, Modena. In quel periodo la città lagunare, nonostante i primi segni di declino, era ancora una delle capitali europee del libro ed attirava numerosi tipografi da altre città. Da Siena oltre a De Franceschi si trasferì a Venezia anche Giovan Battista Ciotti, che lavorò per lui e per i Giunta. Nonostante si fosse stabilito a Venezia, rimase molto legato a Siena, tenendo sempre a sottolineare le sue origini nelle sottoscrizioni dei libri da lui stampati o editi, nelle quali faceva seguire l'aggettivo "Senese" al suo nome, talvolta firmando semplicemente "Francesco Senese" (probabilmente anche per distinguersi da un omonimo tipografo "padovano"). La sua prima edizione datata che si conosca è del 1561: "De propositione inhaerente aliter, quam alii antea senserint explicatio" di Remigio Migliorati, pubblicata insieme a "De demonstrationis medio termine" e "De putredine disputatio" dello stesso autore. Lo si trova sottoscritto nel "Capitolo de librai & stampatori", in qualità di "compagno alla banca" il 27 aprile 1572 e nelle lettere dei Manuzio. Veniva lodato per la sua correttezza nella vendita dei prodotti e per essere un pagatore sicuro anche se lento. La sua produzione tipografica merita un posto di rilievo nel panorama editoriale della Venezia della seconda metà del secolo XVI. Risultano almeno 220 sue edizioni (in realtà saranno state certamente molte di più) in poco meno di un quarantennio. Inoltre, nonostante la sua attività si svolga pressoché tutta in epoca postridentina, rispetto ad altre aziende contemporanee (basti pensare ai Giolito de Ferrari) gli effetti della svolta conciliare non incidono sulla sua produzione: i libri di carattere teologico–religioso o devozionale non sono più numerosi di quelli di altri generi, né più significativi; mentre buona parte del sapere tecnico–scientifico del suo tempo è rappresentato nel suo catalogo: architettura, medicina, botanica, aritmetica, geometria, arte militare, musica ecc. Le dedicatorie delle sue edizioni sottolineano più di una volta il suo interesse dichiarato per una letteratura "professionale" che fornisca buoni testi a chi è chiamato a svolgere attività specialistiche. De Franceschi fu attivo anche a Bologna, dove fece stampare da G. B. Bellagamba la "Pratica medica" di Johann Jacob Wecker e l'"Ornithologiae libri XII" di Aldrovandi. A Bergamo collaborò con Comino Ventura, a Colonia (ma potrebbe trattarsi di un falso luogo di stampa) con il conterraneo G. B. Ciotti per due edizioni dei Commentaria a Galeno di Francisco de Valles nel 1592. Nel 1569 figura inoltre tra i componenti di una società che doveva stampare a Venezia, tra l'altro, il "Corpus iuris civilis", insieme con Gaspare Bindoni, Nicolò Bevilacqua e Damiano Zenaro. I quattro fecero incidere per l'occasione un'unica marca tipografica che riuniva le loro quattro insegne: la Pace per De Franceschi, la mano che regge un candelabro per Bindoni, la salamandra che brucia per Zenaro e la Pazienza per Bevilacqua. Inoltre, dai frontespizi e dai colophon sio apprende che collaborò, oltre che con il più volte citato Chrieger, con Pietro Dusinelli, con D. Zenaro, con Giorgio Angelieri, Paolo Venturini, Giacomo Vidali, Francesco Ziletti e i Giunta. Talvolta usò la formula vaga: "appresso Francesco de Franceschi Senese e compagni", come nel "Furioso" dell'84 e nei Versi di Bernardino Baldi del '90. Per quanto riguarda la marca tipografica De Franceschi usò sempre la raffigurazione della Pace: una donna seduta accanto ad una colonna con un ramoscello d'olivo in mano, recante talvolta il motto: "per me qui si riposa e 'n ciel si gode". Si sa poco delle sue idee religiose: nel 1571 fu ammonito e rilasciato dal S. Offizio, mentre nel '99 fu inquisito insieme all'altro senese Ciotti, a Roberto Meietti e ai Sessa per l'importazione dalla Germania di un volume dei Centuriatori di Magdeburgo, di un libro d'astronomia proibito e di altre opere. Se la cavò con la minaccia di una multa di cento ducati. Non si sa esattamente quando De Franceschi morì: dal 1599 compare, nei libri stampati dalla sua azienda, la sottoscrizione "heredi di Francesco de Franceschi" (i figli Giovanni Antonio e Giacomo), che si riscontra almeno fino al 1608. Probabilmente la sua morte sarà da collocare proprio negli ultimi scorci dei sec. XVI o all'inizio del XVII.
Persona, Italia
Ruolo: Curatore
Periodo: (sec. XVI)
Note biografiche: Editore, suocero di Federico Commandino, come si evince dalla lettera di dedica al duca di Urbino, Francesco Maria II Della Rovere, a c.†2r.
Persona, Duca di Urbino
Ruolo: Dedicatario
Periodo: (1549–1631)
Note biografiche: Condottiero italiano rinascimentale, fu l'ultimo duca di Urbino, duca di Sora, signore di Pesaro, Senigallia, Fossombrone e Gubbio. Figlio di Guidobaldo II Della Rovere, Duca sovrano di Urbino e Conte di Montefeltro, e di Vittoria Farnese, fu educato rigorosamente e trascorse gli anni tra il 1565 e 1568 alla corte di Spagna. Manifestò presto un vivo interesse per le lettere e le matematiche e un'indole riflessiva. co di don Giovanni d'Austria. Alla morte del padre nel 1574 gli successe nel ducato. Si sposò nel 1570 con Lucrezia d'Este, di 15 anni più vecchia: fu un matrimonio infelice e senza prole che finì con una separazione consensuale le cui condizioni furono fissate nel 1578, dall'arbitrato d'una commissione cardinalizia. Avendo Guidobaldo II aderito alla Lega Santa contro i Turchi, in risposta all'appello fatto dal Papa Pio V ai principi cattolici di buona volontà in difesa dell'Europa e della Cristianità dall'invasione musulmana, Francesco Maria II partecipò nel 1571 alla battaglia di Lepanto, alla testa di oltre 2.000 soldati provenienti dal ducato di Urbino. Il giovane erede diede lustro al casato, distinguendosi valorosamente nel conflitto, combattendo a fianco Francesco esordì come duca determinato a un "buon governo": eliminò parecchi dei dazi e delle gabelle introdotti dal padre riducendo le spese di corte. Per rimpinguare le casse del Ducato di Urbino, vendette nel 1579, a Giacomo Boncompagni, il Ducato di Sora Arce, dominio storico della sua famiglia. Riformò anche l'amministrazione della giustizia. Severi i decreti contro gli abusi e i soprusi di giudici e funzionari venali; regolamentò la gestione dei Monti di pietà, emanò disposizioni a protezione degli orfani e delle vedove; proibì le offese e le soperchierie antiebraiche, malgrado la vigenza anche nel Ducato, in quanto feudo della Chiesa, della feroce bolla di Pio V del 1556. Fece addestrare le milizie da qualificati ufficiali sicché, nel 1580, Francesco poteva contare su di una milizia effettiva di 15.000 fanti. Ottenne il titolo di “Serenissimo” da Sua Maestà Cattolica il 15 settembre 1585 e lo stesso giorno fu nominato Cavaliere del Tosone d'Oro. Proprio a causa del risanamento economico attuato da Francesco Maria II attraverso una saggia gestione ed evitando di gravare i sudditi di tasse, si ricorda come il duca più amato e stimato dal popolo del ducato Nel 1598 la moglie Lucrezia d'Este morì senza aver lasciato eredi. Sull'opportunità di nuove nozze o, in alternativa, di far tornare il ducato, in assenza di eredi alla morte dell'ultimo duca, sotto il dominio papale, il duca interpellò appositamente i suoi sudditi, i quali risposero accoratamente e sollecitarono il quarantanovenne sovrano a nuove nozze. Il 26 aprile 1599 a Casteldurante sposò la giovanissima cugina Livia Della Rovere, più giovane di trentasei anni, per poter dare al ducato un erede che scongiurasse l'estinzione della casata dei Della Rovere e l'annessione nello Stato Pontificio. Il 16 maggio 1605 venne alla luce Federico Ubaldo che, giovanissimo, assunse le redini del ducato e sposò Claudia de' Medici nel 1621, dando a Francesco Maria II una nipotina Vittoria, futura granduchessa di Toscana, ultima esponente diretta dei Della Rovere e unica erede del suo patrimonio allodiale. Federico Ubaldo morì improvvisamente il 29 giugno 1623, lasciando il ducato nuovamente nelle mani del padre il quale il 20 dicembre 1624, rassegnato all'estinzione della casata, sottoscrisse la devoluzione di tutti i feudi rovereschi al papa Urbano VIII, sovrano dello Stato della Chiesa. La devoluzione divenne esecutiva alla sua morte avvenuta a Casteldurante (sua residenza preferita) il 23 aprile 1631, dove fu sepolto nella chiesa del Crocifisso.
Persona, Libraio
Ruolo: Tipografo
Periodo: (1563–1617)
Note biografiche: Tipografo e libraio veneziano, attivo a Pesaro. Utilizzò il materiale tipografico di Bartolomeo Cesano e forse lavorò con i suoi eredi prima di mettersi in proprio. Aveva bottega di libraio presso Piazza del popolo nel quartiere di S. Terenzio. M. probabilmente nel 1601. Gli successe, ma solo a partire dal 1618, il figlio Flaminio

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L'opera è un compendio di matematica costituito da otto libri ma inizia con il "Liber tertius": il primo e parti del secondo sono andate perdute. L'opera copre un ampio ventaglio di argomenti, tra i quali geometria, matematica ricreativa, duplicazione del cubo, poligoni e poliedri

Pace (donna seduta accanto a colonna, con ramo d'olivo nella destra e il braccio sinistro poggiato sul basamento della colonna su cui è scritto PAX). In cornice

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