Monografia, Antico

Persona, Letterato e scrittore d'arte
Periodo: 1625 - 1696
Note biografiche: Nacque in una delle famiglie più ricche e influenti di Firenze da Giovanni e da Caterina da Valle. I membri della sua famiglia, infatti, sin dal Trecento, avevano ricevuto pubblici uffici ed esercitato la mercatura. Ricevette un'educazione molto religiosa e fu avviato agli studi dai gesuiti continuando le attività commerciali paterne. Mostrò subito un'inclinazione per la musica e le arti figurative: frequentò le botteghe dell'incisore e scultore Iacopo Maria Foggini e del pittore Matteo Rosselli. Coniugò i suoi talenti artistici con la sua cultura frequentando salotti letterari alla villa della Lastra di Empoli, attorno al gentiluomo fiorentino Alessandro Valori. La fama di Baldinucci, ritrattista ed esperto d'arte, arrivò ben presto presso il mondo granducale, accompagnata dall'apprezzamento di lui come uomo esperto anche negli affari. Nel 1664 il granduca Ferdinando II lo propose alla sorella Anna d'Austria per risolvere questioni legate all'amministrazione delle tenute della "Virgiliana" di Mantova. Il soggiorno in quella città e i viaggi nelle città vicine gli permisero la diretta conoscenza della cosiddetta "pittura lombarda" da Correggio ai Carracci. Fu accolto a Mantova, presso la corte di Carlo II Gonzaga, come conoscitore infallibile delle maniere. Dopo due mesi di soggiorno, sbrigati gli affari e rientrato a Firenze, il cardinale Leopoldo de' Medici gli commise una copia della Madonna della basilica dell'Annunziata da inviare in dono all'imperatore Leopoldo e successivamente, il cardinale gli affidò l'ordinamento della sua grande raccolta di disegni: il primo e il più importante nucleo dell'attuale raccolta dei disegni degli Uffizi che Baldinucci dispose in più di cento libri, seguendo il criterio cronologico. Il cardinale Leopoldo lo fece viaggiare per l'Italia, specie settentrionale, non cessando di proteggerlo sino alla sua morte avvenuta nel 1675. Dopo, sebbene meno fervidamente, l'impresa venne sostenuta da Cosimo III. Grazie al suo incarico fu a contatto diretto con gli artisti d'Italia e di Europa. Risultato di questa feconda attività è il progetto per la sua più grande fatica, "Notizie de' professori del disegno da Cimabue in quà", il cui primo volume usciva nel 1681. Le "Notizzie", divenne un'ambiziosa raccolta di storia di tutta l'arte italiana dalle origini sino all'anno 1670, ordinate per secoli e decenni. Dei sei volumi, di cui si compone l'opera, solamente tre furono pubblicati vivente l'autore. Le Notizie, iniziate con il nome di Cimabue, furono portate fin quasi a tutto il Seicento chiudendosi con la Vita di Mattia Preti. Baldinucci volle illustrare tutti gli angoli del suo panorama italo–europeo usando accuratamente la storiografia precedente (puntualmente citata) e si distingue per avere svolto per primo un'attività di antiquario, di ricercatore e di indagatore di documenti con una sollecitudine riconosciutagli nel secolo XIX col fiorire della scuola storica e coll'opera dei Milanesi, dei Guasti, dei Campori etc. Nel 1658 si sposò con Caterina Scalari, anche lei di ottima famiglia fiorentina, ed ebbe cinque figli, tre dei quali si dedicarono alla vita sacerdotale mentre il terzogenito Francesco Saverio, di professìone avvocato, fu il collaboratore e il continuatore delle attività e degli studi paterni. Nel 1681 Baldinucci si recò a Roma per accompagnare il quindicenne figlio Antonio a vestire l'abito della Compagnia di Gesù. Qui, ospite dell'ambasciatore del granduca a palazzo Madama, in rapporto con gli amici fiorentini residenti a Roma, tra i quali specialmente Francesco Marucelli, venne presto introdotto presso Cristina di Svezia, con la quale aveva già avuto rapporti epistolari, mediatori il cardinale Decio Azzolini e Gian Lorenzo Bernini. La principessa, grande ammiratrice del Bernini, commissionò a Baldinucci la biografia di Bernini (morto l'anno prima). Baldinucci si accinse subito all'opera, raccogliendo le testimonianze dei figli e degli allievi, tra cui specialmente Mattia De' Rossi, e dei bene informati pittori Carlo Maratta e Filippo Lauri, nonché consultando i documenti dell'archivio della Fabbrica di S. Pietro. Ne uscì fuori un racconto colorito e talora drammatico degli avvenimenti tanto singolari della vita e insieme una accurata ricostruzione dell'opera di Bernini. Nel 1677 Baldinucci fu nominato vicario granducale per la Terra di Vico Pisano, dove nelle ore libere dall'ufficio, si dedicava alla compilazione del "Vocabolario toscano dell'arte del disegno", pubblicato nel 1681, prova del suo temperamento polivalente di conoscitore, dilettante, erudito, storico e letterato. Il Vocabolario considera le voci proprie alle singole arti, facendo largo campo alle arti minori, all'artigianato e ai mestieri, e così fornendo un quadro ben vivo dei procedimenti tecnici e manuali della fine del Seicento. La fama conseguita con le Notizie e col Vocabolario valse a Baldinucci l'ammissione all'Accademia della Crusca nella quale assunse il nome di Lustrato, con l'impresa della statua e della paglia e il motto dantesco: "lucente più assai di quel ch'ell'era". Nella Lettera a Vincenzo Capponi si affronta per la prima volta il problema dei criteri validi a distinguere le maniere degli artisti e, di conseguenza, l'opera d'arte autentica dalla copia, e infine il valore della copia. Nel 1686 pubblicò a Firenze "Cominciamento e progresso dell'arte dell'intagliare in rame colle vite di molti de' più eccellenti maestri della stessa professione", la prima storia specialistica della incisione in cui tra gli altri si citano Dürer, apprezzato ancorché troppo "naturalista", e la tecnica di Rembrandt. La Lezione accademica, letta alla Crusca nelle due tornate del 29 dicembre 1691 e 5 gennaio 1692, è un confronto tra la pittura antica e la moderna (tema nato in Italia con Tassoni e Boccalini), cui Baldinucci preferiva la moderna, sostanzialmente per ragioni tecnicistiche (gli antichi non hanno conosciuto la pittura ad olio). I "Lazzi contadineschi", sono invece brevi componimenti teatrali farseschi, scritti per essere recitati dai giovani dell'oratorio di S. Firenze: scene di vita colte nel mondo dei contadini nei loro rapporti coi padroni, notai e avvocati, con una vena comica che rivela l'amico di Lorenzo Lippi
Lingua: Italiano
Paese: Italia
Ente
Ruolo: Dedicatario
Note biografiche: Le origini dell'Accademia della Crusca risalgono al decennio 1570–1580 e alle riunioni di un gruppo di amici che si diedero il nome di "brigata dei crusconi". Già con la scelta di questo nome manifestarono la volontà di differenziarsi dalle pedanterie dell'Accademia fiorentina, alle quali contrapponevano le cruscate, cioè discorsi giocosi e conversazioni di poca importanza. Dai primissimi anni di attività si manifestarono intenzioni letterarie, con dispute e letture di un certo impegno culturale, rivolte in particolar modo verso opere e autori volgari. Vengono tradizionalmente indicati come i fondatori della Crusca Giovan Battista Deti, il Sollo; Anton Francesco Grazzini, il Lasca; Bernardo Canigiani, il Gramolato; Bernardo Zanchini, il Macerato; Bastiano de' Rossi, l'Inferigno, cui si aggiunse nell'ottobre 1582 Lionardo Salviati, l'Infarinato, che diede la spinta decisiva verso la trasformazione degli intenti dell'Accademia e indicò il ruolo normativo che da quel momento in poi avrebbe assunto. Lo stesso Salviati diede nuovo significato al nome di Crusca, fissando l'uso della simbologia relativa alla farina e attribuendo all'Accademia lo scopo di separare il fior di farina (la buona lingua) dalla crusca, secondo il modello di lingua già promulgato da Bembo nel 1525 e ripresi poi dallo stesso Salviati che prevedeva il primato del volgare fiorentino, modellato sugli autori del Trecento. La prima adunanza in cui si cominciò a parlare di leggi e statuti dell'Accademia avvenne il 25 gennaio 1583, ma la cerimonia inaugurale dell'Accademia si svolse due anni dopo, il 25 marzo del 1585. Nel 1589, anno della morte del Salviati, furono istituite le attribuzioni dell'arciconsolo, dei consiglieri, dei censori, del castaldo, del massaio e del segretario e nel 1590 si scelse come simbolo dell'Accademia il frullone, lo strumento che si adoperava per separare il fior di farina dalla crusca, e come motto il verso del Petrarca “il più bel fior ne coglie”. Si stabilì anche che tutti gli oggetti e la mobilia dell'Accademia dovessero avere nomi attinenti al grano, alla crusca, al pane, compresi gli stemmi personali degli accademici, pale di legno in cui era dipinta un'immagine simbolica accompagnata dal nome accademico e dal motto scelto. Sempre intorno al 1590 l'attività dell'Accademia iniziò ad essere concentrata nella preparazione del Vocabolario: i primi autori ad essere spogliati furono Dante nella Divina Commedia, Boccaccio nel Decameron, e Petrarca nel Canzoniere e i criteri di scelta degli autori citati vennero stabiliti coerentemente al fine che i vocabolaristi si proponevano: mostrare e conservare la bellezza del fiorentino trecentesco. La maggior parte degli spogli quindi interessò testi, non solo letterari, fiorentini del Trecento, ma non mancarono aperture verso autori successivi (tra i quali Lorenzo de' Medici, Berni, Machiavelli, Salviati stesso) e verso autori non fiorentini (Bembo, Ariosto). Furono affrontate anche questioni di metodo, in particolar modo sul trattamento delle voci dell'uso, di cui non si trovassero attestazioni antiche, e sul problema dell'inserimento delle etimologie: per le prime si stabilì di allegare esempi tratti da autori moderni fino a Monsignor della Casa, per le etimologie venne data l'indicazione di considerare solo quelle “che abbiano gentilezza e sieno a proposito”; in tutti e due i casi si rimandava comunque al giudizio dei Deputati per il Vocabolario, una commissione di quattro accademici – Carlo Macinghi, Francesco Marinozzi, Piero Segni e Francesco Sanleolini – nominati nel 1597 proprio per affrettare e facilitare il lavoro di redazione del Vocabolario. Anche nella compilazione furono seguiti gli stessi criteri, per cui gli scrittori fiorentini del Trecento vennero citati per primi, dove era possibile con un esempio di prosa e uno di poesia, dei non fiorentini si scelsero le parole più belle e di matrice fiorentina, dei contemporanei le voci dell'uso. Il Vocabolario degli Accademici della Crusca fu stampato a Venezia e uscì nel 1612, suscitando immediatamente grande interesse e altrettanto accese dispute riguardo ai criteri adottati; in particolare, a molti non piacque l'aperto fiorentinismo arcaizzante proposto dal Vocabolario, che comunque rappresentò per secoli, in un'Italia politicamente e linguisticamente divisa, il più prezioso e ricco tesoro della lingua comune, il più forte legame interno alla comunità italiana, quindi lo strumento indispensabile per tutti coloro che volevano scrivere in buon italiano. Ebbe grande fortuna in tutta Europa e divenne modello di metodo lessicografico per le altre accademie europee nella redazione dei vocabolari delle rispettive lingue nazionali. La seconda edizione del Vocabolario apparve nel 1623, sempre a Venezia, a cura di Bastiano de' Rossi. Rispetto alla prima non ci furono modifiche o aggiunte di grande rilievo, le dimensioni del vocabolario rimasero le stesse (sempre un unico volume) anche se vennero inseriti tra i citati le Rime di Michelangelo, le Lettere del Tolomei, le poesie del Guarino, i Beoni di Lorenzo de' Medici, le opere di Ludovico Martelli, il Demetrio del Segni e le rime burlesche di Luca Martini. La terza edizione, uscita nel 1691 e per la prima volta stampata a Firenze (dopo le prime due edizioni stampate a Venezia) con dedica a Cosimo III de' Medici, costituisce, sotto diversi punti di vista, un'opera non solo accresciuta quantitativamente (tre volumi), ma anche rinnovata qualitativamente: alla sua lunga compilazione (i lavori iniziarono nel 1648) parteciparono anche uomini di scienza come Redi e Magalotti; Leopoldo de' Medici, fondatore dell'Accademia del Cimento e protettore dell'Accademia della Crusca, diede il suo personale contributo raccogliendo termini tecnici di arti e mestieri che, per la prima volta, faranno la loro timida apparizione tra le voci del Vocabolario insieme agli astratti verbali, ai diminutivi, ai superlativi e agli accrescitivi. Per questa edizione furono spogliati una cinquantina di autori antichi e altrettanti moderni tra cui il Tasso, il Segneri, il Pallavicino, sempre citati in mancanza di attestazioni antiche o per dimostrare l'effettivo uso di una parola. Durante i lavori di preparazione della terza impressione un altro importante progetto, non andato a buon fine, fu intrapreso dal Dati: l'approntamento di un dizionario etimologico della lingua italiana per il quale furono preparate molte schede con la collaborazione anche del Redi, ma il cui completamento fu preceduto dalla pubblicazione, tra il 1666 e il 1669 delle Origini della lingua italiana del francese Gilles Ménage. Anche questa impresa sarebbe dovuta rientrare nel programma dell'Accademia della Crusca di fornire nuovi strumenti di chiara marca fiorentina, ma quando fu evidente che il progetto della Crusca non era destinato alla riuscita, molto del materiale raccolto fu mandato a Parigi e Ménage si avvalse quindi di un considerevole contributo italiano; in particolare arrivarono le etimologie redatte dal Redi che riguardavano principalmente la terminologia di medici e speziali, secondo gli interessi e le competenze specifiche dell'autore. La quarta edizione del Vocabolario della Crusca apparve in Firenze, stampata da Domenico Maria Manni in sei volumi, dal 1729 al 1738 e dedicata a Gian Gastone de' Medici. Era stata iniziata già nel 1696 e vi lavorarono in molti tra cui il Salvini, il Bottari che ne scrisse la prefazione, Rosso Antonio Martini, Andrea Alamanni; fu ampliata la serie dei citati con Sannazaro, Cellini, Menzini, Lorenzo Lippi e molti altri e furono date più rigorose norme per gli spogli, in particolare vennero controllate le citazioni che erano state prese da testi a penna o da edizioni ritenute non corrette. Anche questa edizione non mancò di provocare discussioni e critiche e, anche per soddisfare le richieste del pubblico, lo stesso Manni nel 1739 compendiò il Vocabolario che vide ristampe private due a Venezia (a cura di Francesco Pitteri nel 1741 e nel 1763) e una a Napoli (a cura di Pasquale Tomasi nel 1746) con alcune aggiunte. Le critiche più aspre riguardavano l'atteggiamento della Crusca di volersi arrogare il diritto di legiferare in materia di lingua e di canonizzare voci e locuzioni arcaiche a scapito della lingua viva. Le polemiche contro la Crusca e l'inattività delle tre accademie fiorentine, della Crusca, Fiorentina e degli Apatisti contribuirono a determinare la decisione che Pietro Leopoldo prese nel 1783 di accorpare le tre istituzioni, in una sola, detta Accademia Fiorentina. In questa occasione il patrimonio della biblioteca e quello dell'archivio della Crusca passarono alla Biblioteca Magliabechiana. L'Accademia della Crusca, come istituzione autonoma, sarà ricostituita nel 1811 con tre scopi prioritari: la revisione del Vocabolario, la conservazione della purità della lingua, l'esame delle opere presentate al concorso letterario indetto tra il 1809 e il 1810. Nel 1812 furono nominati i nuovi accademici e fu introdotta la distinzione tra residenti e corrispondenti, furono eletti presidente Pietro Ferroni e segretario Lorenzo Collini; nello stesso anno furono presi in esame i progetti che erano stati presentati in passato da Rosso Antonio Martini e da Ildefonso Fridiani per la nuova edizione del Vocabolario. Il frutto dei lavori preparatori alla successiva edizione fu raccolto nella pubblicazione del Prospetto degli oggetti da aversi di mira per la quinta impressione del Vocabolario del 1813, da cui però non emergevano segnali di significativi cambiamenti rispetto all'edizione precedente. Una scossa notevole all'impostazione dei criteri da seguire per la nuova edizione fu data dalla Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca di Vincenzo Monti il cui primo volume uscì nel 1817: le dure critiche del Monti che notava la mancanza di voci relative ad arti e scienze, la presenza di molte parole errate, arcaiche, troppo esclusivamente fiorentine, indussero gli accademici a ripensare con maggiore attenzione la tavola degli autori citati. Nel 1833 le commissioni che lavorano al Vocabolario sono quattro: una per i termini latini e greci da apporre in corrispondenza alle voci italiane, una per i termini di scienza, una per l'esame e la correzione delle “teoriche grammaticali”, e una per la revisione degli spogli, per le aggiunte e le correzioni. Il metodo di lavoro adottato si dimostrò però estremamente lento, tanto che fra il 1838 e il 1839 intervenne direttamente il Granduca Leopoldo per tentare di sveltire le operazioni: si fissarono due sedute settimanali e si decise di pubblicare il Vocabolario a fascicoli. Nel 1843 fu pubblicata la prima dispensa e tra il 1844 e il 1851 apparvero solo altri quattro fascicoli. La compilazione della lettera A fu completata soltanto nel 1854 e, vista la lentezza dei lavori, si ripensarono nuovamente i criteri e si stabilì di formare un Glossario in cui dovevano confluire tutte le “parole e locuzioni antiquate, straniere, corrotte e incerte della nostra lingua” e di inserire l'etimologia al posto delle voci latine o greche. Il primo volume uscì nel 1863 con dedica a Vittorio Emanuele II e i successivi, con cadenza non sempre regolare, fino al 1923, anno che vide l'interruzione dell'opera alla lettera O (l'ultima voce registrata è ozono). Il 1923 rappresenta l'inizio di profondi cambiamenti nell'attività e nelle funzioni che fino ad allora la Crusca aveva svolto: in quell'anno infatti l'allora Ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile dispose, con il Regio Decreto dell'11 marzo 1923, il nuovo ordinamento dell'Accademia che prevedeva l'interruzione della compilazione e della stampa del vocabolario, di fatto quindi la soppressione della secolare attività lessicografica. Con un altro decreto del 1937 fu istituito presso l'Accademia un Centro di studi di filologia italiana “con lo scopo di promuovere lo studio e l'edizione critica degli antichi testi e degli scrittori classici della letteratura italiana dalle origini al secolo XIX”. Il progetto di riprendere i lavori di compilazione di un nuovo Vocabolario riprese nel 1955 a seguito dell'invito rivolto all'Accademia della Crusca, in occasione del primo Congresso internazionale di studi italiani che si era riunito a Cambridge nell'agosto del 1953, di dedicarsi agli studi preparatori alla pubblicazione di un grande Vocabolario storico della lingua italiana; di fondamentale impulso alla ripresa dei lavori fu la Relazione all'Accademia della Crusca sul Vocabolario della lingua italiana di Giovanni Nencioni. Dal 1963, con l'elezione di Giacomo Devoto a presidente dell'Accademia, iniziò la fruttuosa collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche che permise, attraverso un primo stanziamento, di avviare l'Opera del Vocabolario. Il 31 ottobre 1964 il presidente Giacomo Devoto annunciò ufficialmente che i lavori preparatori per la ripresa della secolare attività lessicografica dell'Accademia erano in corso di attuazione e, dal febbraio del 1965, fu tenuto un primo corso di preparazione per i futuri compilatori sotto la direzione di Aldo Duro. All'interno dell'Accademia fu avviato anche il progetto del Vocabolario Giuridico Italiano (assorbito poi nell'ex Istituto per la Documentazione Giuridica, oggi Istituto di Teoria e Tecniche dell'Informazione Giuridica), e furono aperte collaborazioni col Lessico Intellettuale Europeo e col Vocabolario Rosminiano. Nel 1971 si svolse, per iniziativa dell'Accademia una tavola rotonda internazionale sui problemi della lessicografia, alla quale portarono il loro contributo rappresentanti del Trésor de la langue française, del Dizionario inglese di Oxford, del Vocabolario tedesco, sezione di Gottinga, del Seminario di lessicografia spagnola di Madrid, del Vocabolario di antico scozzese di Edimburgo, del Vocabolario dell'antico rumeno di Bucarest, del Vocabolario dell'Accademia svedese di Lund e dell'Istituto di lessicografia olandese di Leida. Fu l'occasione per instaurare rapporti tra i molti partecipanti e porre le premesse per collaborazioni e scambi futuri che infatti sono state mantenuti e, in alcuni casi, estesi. La grande innovazione di questo progetto era contenuta però nell'obiettivo cui mirava il nuovo grande Vocabolario che, come indicò lo stesso Devoto (nel suo discorso tenuto durante una seduta pubblica nella sala delle conferenze dantesche del Palagio dell'Arte della Lana), a differenza dell'antico, non avrebbe dovuto corrispondere alle esigenze intellettuali e stilistiche di una ristretta società colta, né limitarsi a rispecchiare uno scelto canone di autori classici depositari della lingua pura e dello scrivere corretto, ma documentare la formazione storica e lo sviluppo della lingua nazionale in tutti i suoi aspetti e applicazioni e livelli, dai letterari agli scientifici, dai pratici e tecnici ai familiari; rivolgersi insomma a un'intera società intellettualmente, socialmente e tecnicamente rinnovata e costituire uno strumento di lavoro e di indagine per quanto possibile compiuto, e aperto alla comprensione storica e alla funzionalità operativa di ogni settore dell'attività umana. Questo immane progetto si scontrò purtroppo con enormi difficoltà economiche, per cui fu deciso di concentrare le risorse in un'impresa lessicografica limitata all'italiano medievale che prese il nome di Tesoro della lingua italiana delle origini (TLIO). Nel 1982 scadde definitivamente la convenzione tra la Crusca e il CNR e dal gennaio 1983 fu costituito all'interno del CNR un Centro di studi denominato “Opera del Vocabolario italiano”, dal 2001 divenuto Istituto del CNR, distinto dall'Accademia, ma che condivide con questa la sede nella Villa di Castello e che naturalmente usufruisce dell'indispensabile patrimonio librario e archivistico dell'Accademia. Liberata nel 1923 dall'impegno propriamente lessicografico, l'Accademia ha potuto da allora dedicarsi ad un'ampia attività di ricerca, di edizioni e di consulenza intorno all'italiano, percorrendo strade nuove sui fronti grammaticale, lessicologico e filologico. Oggi l'Accademia della Crusca è il più importante centro di ricerca scientifica dedicato allo studio e alla promozione dell'italiano: si propone in particolare l'obiettivo di fare acquisire e diffondere nella società italiana, specialmente nella scuola, e all'estero, la conoscenza storica della lingua nazionale e la coscienza critica della sua evoluzione attuale nel quadro degli scambi interlinguistici del mondo contemporaneo. L'Accademia prosegue la propria attività editoriale, mette a disposizione del pubblico una Biblioteca specialistica e il proprio Archivio, intrattiene rapporti internazionali con istituzioni analoghe, organizza incontri, seminari e convegni sull'italiano, svolge un ruolo attivo nel campo della politica linguistica europea (in particolare con il progetto “Firenze, Piazza delle Lingue d'Europa”). Offre al pubblico un servizio di consulenza linguistica e conserva una ricca collezione di oggetti d'arte, tra cui le famose “pale”, dipinti su tavola nei quali sono raffigurati gli emblemi degli Accademici. L'Accademia ha sede a Firenze nella Villa Medicea di Castello
Persona
Ruolo: Tipografo
Periodo: XVII sec. - XVIII sec.
Note biografiche: Tipografo attivo a Firenze nel XVII–XVIII secolo
Lingua: Italiano
Paese: Italia
Persona, Cardinale belga
Ruolo: Dedicatore
Periodo: 1628 - 1687
Note biografiche: Nacque a Visé e morì a Roma. Papa Innocenzo XI lo elevò al rango di cardinale nel concistoro del 2 settembre 1686. Morì all'età di 59 anni
Persona, Papa
Ruolo: Dedicatario
Periodo: 1611 - 1689
Note biografiche: Di nobile famiglia comasca, Benedetto Odescalchi nacque da Livio e da Paola Castelli Giovanelli di Gandino. Studiò nel locale collegio dei Gesuiti. A undici anni rimase orfano del padre e a quindici anni, dopo aver ultimato gli studi umanistici, si trasferì a Genova presso lo zio Papirio, che dirigeva la “Società Odescalchi”, un banco di cambiavalute. Nel 1630 si trasferì a Cagno (dove la famiglia aveva possedimenti terrieri e un mulino) per sfuggire all'epidemia di peste, della quale però fu vittima la madre. Si licenziò e ricominciò a studiare: nel 1636 si iscrisse ai corsi dell'Università La Sapienza di Roma e concluse gli studi a Napoli, dove si laureò in utroque iure il 21 novembre 1639. A Napoli prese la tonsura il 18 febbraio 1640 e successivamente si trasferì a Roma. Grazie all'aiuto del fratello Carlo ricevette i primi incarichi ufficiali durante il pontificato di papa Urbano VIII (1623–1644). Odescalchi fece valere la sua notevole preparazione in campo economico e fiscale: il successore, Innocenzo X (1644–1655), lo nominò dapprima governatore di Macerata (ossia governatore delle Marche), poi nel 1648, di Ferrara. Qui, ancora una volta le sue elevate competenze economiche si rivelarono preziose. La sua accorta politica economica, la lotta alle frodi, la distribuzione di viveri e denaro ai poveri e il calmiere dei prezzi, ridiedero vita all'economia ferrarese afflitta da una prolungata carestia. Il 6 marzo 1645 papa Innocenzo X lo fece cardinale diacono. Nel 1650 fu nominato vescovo di Novara. Accettò allora di essere ordinato sacerdote, divenendo presbitero il 20 novembre 1650 e poi vescovo il 30 gennaio 1651, consacrazioni avvenute entrambe a Ferrara. Pochi anni dopo offrì le dimissioni al pontefice poiché il luogo non giovava alla sua salute. Il nuovo papa, Alessandro VII (1655–1667) accolse la sua richiesta e lo richiamò a Roma (1656) dove ottenne un cospicuo vitalizio, che decise di devolvere interamente alla diocesi di Novara per i bisogni della popolazione. Innocenzo XI fu eletto papa il 21 settembre 1676 nel Palazzo Apostolico e fu incoronato il 4 ottobre dal cardinale protodiacono Francesco Maidalchini. In memoria di Innocenzo X, che lo creò cardinale, e per l'amicizia con il cardinale Alderano Cybo–Malaspina, parente di Innocenzo VIII, scelse il nome pontificale di Innocenzo XI. La cerimonia d'incoronazione, avvenuta il 4 ottobre 1676, fu infatti singolarmente semplice e modesta, perché il nuovo papa volle che il denaro che si sarebbe potuto risparmiare in tale occasione fosse distribuito alle chiese e ai poveri di Roma. Presagio della volontà di ferro di papa Odescalchi era già stata, peraltro, la sua decisione di fare sottoscrivere ai cardinali una dichiarazione elettorale come condicio sine qua non per la sua accettazione del pontificato: Benedetto Odescalchi voleva avere la mano libera nell'affrontare la riforma della Chiesa e dei costumi, sia dei chierici sia dei laici
Lingua: Italiano
Paese: Italia
Persona, Granduca di Toscana
Ruolo: Dedicatario
Periodo: 1642 - 1723
Note biografiche: Figlio di Ferdinando II de' Medici e di Vittoria Della Rovere, fu il penultimo Granduca di Toscana appartenente alla dinastia dei Medici. Regnò per 53 anni, dal 1670 al 1723, anno della sua morte. Il suo regno, il più lungo nella storia della Toscana, fu caratterizzato da un forte declino politico ed economico, punteggiato dalle campagne persecutorie nei confronti degli ebrei e verso chiunque non si conformasse alla rigida morale cattolica. Sposò per procura, il 18 aprile 1661, Margherita Luisa d'Orléans. La coppia, nonostante l'incompatibilità dei caratteri, ebbe tre figli: Ferdinando nel 1663, Anna Maria Luisa nel 1667 e Gian Gastone nel 1671. Cosimo III fu attratto dalle scienze naturali, specialmente zoologia e botanica. Patrocinò il medico Francesco Redi e, nelle sue ville fuori città, si dilettava a collezionare specie botaniche e animali rari, spesso provenienti da terre lontane, con una particolare attenzione, tutta seicentesca, per le aberrazioni, l'orrido e il grottesco, come il collezionismo di animali o piante deformi. Si deve a Cosimo III, d'altronde, il patrocinio per la fondazione della Società botanica fiorentina, animata da Pier Antonio Micheli Una parte delle sue collezioni è oggi ospitata nel Museo Nazionale di Antropologia ed Etnologia di Firenze, mentre restano tracce pittoriche o architettoniche delle sue collezioni alle ville medicee della Topaia e dell'Ambrogiana. Il suo regno vide attenuarsi progressivamente la promozione e l'incoraggiamento della tradizione scientifico–filosofica galileiana. Questo mutato atteggiamento è stato a lungo considerato la conseguenza dell'influenza esercitata sul Granduca da consiglieri bigotti, i quali spinsero il granduca ad adottare provvedimenti contro l'insegnamento della filosofia democritea ed epicurea all'Università di Pisa, dichiarando illegale anche la scienza galileiana Cosimo non ebbe mai un buon rapporto con il figlio primogenito, Ferdinando: il suo carattere rigido e bigotto, infatti, mal si accordava con quello estroso e libertino del figlio, e l'infelice matrimonio con una principessa bavarese, Violante Beatrice, non contribuì certo a migliorarne il rapporto con il padre. Ferdinando morì di sifilide, contratta durante un soggiorno a Venezia. La secondogenita Anna Maria Luisa, invece, fu la sua figlia prediletta, l'unica che condivise lo zelo e la rigida pietà religiosa; si sposò con l'elettore palatino Giovanni Guglielmo, ma anch'ella non ebbe eredi. Gian Gastone, l'ultimogenito, malinconico e abulico, succedette al padre, di cui disprezzava i metodi di governo e la corte, ma neppure lui mise al mondo degli eredi
Lingua: Italiano
Paese: Italia
Persona, Re di Spagna
Ruolo: Dedicatario
Periodo: 1661 - 1700
Note biografiche: Soprannominato Carlo lo Stregato (Carlos el Hechizado) perchè colpito da fortissimi attacchi di emicrania, epilessia e da continue malattie di carattere influenzale, che la credenza popolare attribuiva a una maledizione, fu l'ultimo Asburgo di Spagna. Fu re di Spagna e dell'impero d'oltremare di Spagna, Sicilia e Sardegna, duca di Milano, sovrano dei Paesi Bassi spagnoli, conte palatino di Borgogna e, come Carlo V, re di Napoli. Carlo fu l'ultimogenito e l'unico figlio maschio sopravvissuto di Filippo IV di Spagna e della sua seconda moglie, sua nipote, Marianna d'Austria. Le sue condizioni precarie di salute secondo recenti studi medici sono da attribuire principalmente alla politica matrimoniale endogamica e quindi dalla pratica di contrarre matrimoni tra consanguinei all'interno della dinastia degli Asburgo. Gli anni in cui Carlo II regnò furono difficili per la Spagna, ormai entrata in una fase di declino. La crisi politica e militare si era acuita a causa delle sconfitte nella guerra dei trent'anni e nelle continue guerre contro la Francia. Tali conflitti, sebbene non avessero compromesso gravemente l'immenso impero spagnolo (salvo la perdita del Portogallo e delle colonie del Brasile e delle Molucche), ne avevano tuttavia dissestato l'economia e indebolivano i collegamenti tra le varie province. Nel suo testamento riconoscendo le ragioni francesi, nominò come suo erede e successore universale Filippo d'Angiò, nipote del re di Francia Luigi XIV e di Maria Teresa di Spagna, sorella maggiore di Carlo, alla sola condizione che Filippo rinunciasse a nome suo e dei suoi figli a ogni pretesa verso la corona di Francia. Se Carlo, abilmente, aveva con il suo testamento impedito che le corone di Francia e Spagna si unissero, gli atti di Luigi XIV andavano in direzione opposta: il Re Sole, infatti, immediatamente ruppe gli accordi con Leopoldo I e approfittò della parentela col nuovo re spagnolo per schierare le sue truppe nei Paesi Bassi spagnoli. Al disegno egemonico di Luigi XIV si oppose l'Austria, e questo determinò l'inizio della guerra di successione spagnola che si risolse con la pace di Utrecht e quella di Rastadt, rispettivamente nel 1713 e nel 1714: Filippo V veniva riconosciuto come re di Spagna, ma quest'ultima fu costretta a cedere all'Austria tutti i possedimenti italiani e i Paesi Bassi spagnoli, e all'Inghilterra Gibilterra e Minorca, finendo di essere una grande potenza
Lingua: Italiano
Paese: Italia

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Baldinucci fu il primo compilatore in Italia di un vocabolario tecnico specializzato nella terminologia artistica. Copriva in tal modo una lacuna sulla terminologia di arti e mestieri riscontrabile nella prima e seconda edizione del Vocabolario della Crusca, che nella terza edizione ne accoglieva il nome nella tavola dei citati, senza mai utilizzarlo però veramente nel testo e dimenticandolo di nuovo nella quarta. Baldinucci costruisce il proprio lemmario su quello della Crusca del 1623. Nelle definizioni compare spesso prima il significato comune del lemma e poi quello tecnico. Le fonti utilizzate per i termini tecnici sono numerose, ma in particolare si considerano, più di quanto non si citino, Vasari, Cellini e Alberti. Il riferimento all'uso è solo in parte realizzato quando il lessicografo considera il lavoro nelle botteghe artigiane del tempo (“Aquerello m. una sorta di colore che serve per colorire disegni, e si fa mettendo due gocciole d'inchiostro in tant'acqua quanta starebbe in un guscio di noce, e più a proporzione. Famosi anche altri acquerelli neri e coloriti, nel modo detto”). In altri casi apprezzabili Baldinucci riesce a cogliere il dettagliato valore tecnico di lemmi di non semplice delimitazione (“lavorar d'incavo”; “intagliare in cammeo”; “dorare a fuoco”) e la presenza di voci sinonimiche nate nelle diverse botteghe artigiane (“Onice Onichino Nichetto Niccolo” tutti a lemma insieme, come “Obelisco Aguglia Guglia” e tanti altri) In alcuni casi alla definizione segue una serie di informazioni erudite su materiali, tecniche, geografia, antiquaria, istruzioni per l'uso di macchine e ordigni (come già indica il sottotitolo del vocabolario, che dichiara di trattare voci di pittura, scultura, architettura e in genere delle arti del disegno oltre ai nomi di “Gioie, Metalli, Pietre dure, Marmi, Pietre tenere, Sassi, Legnami, Colori, Strumenti”). L'opera si apprezza per la sua originalità e per aver documentato il mondo delle arti minori, dei mestieri e degli artigiani

Il Sacro Cuore trafitto dai chiodi della Passione. In una cornice con motivi vegetali

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